A due passi dai profumi d’Alpeggio
di Jennifer Bucci
Se chiudo gli occhi vedo i crinali innevati, le piste da sci, sento l’aria pulita e pungente salire delle narici. Le guance, arrossate dal sole e dal freddo, si scaldano quando comincio a pensare al piatto di polenta e formaggio fuso che da sempre è il simbolo della mia settimana bianca. In questo periodo, in un diverso momento storico, sarei su uno dei “giganti delle alpi” – Monte Rosa, Monte Bianco, Gran Paradiso, Cervino – in Valle d’Aosta, invece quest’anno sono a Cesena. Non è ancora possibile viaggiare, ma io non voglio rinunciare a immaginarmi là, anche solo per un attimo. Come fare?
Polenta concia è la risposta: l’interpretazione, nonché piatto tipico valdostano, della mia amata polenta con il formaggio fuso.
Ecco gli ingredienti: polenta, Fontina Dop d’alpeggio e burro.
Controllo sullo shop online di Quid Rodosio per accertarmi di trovare tutto l’occorrente. Potrei farmi consegnare la spesa a casa, ma preferisco andare di persona in bottega perché so che Michaela saprà darmi qualche buona idea per arricchire il mio menù.
“Vorrei andare in montagna”, dico a Michaela, e le è subito chiaro cosa desidero. Mi racconta i formaggi d’alpeggio, mostrandomi il vasto e variegato assortimento del banco di Quid in questo periodo dell’anno. I prodotti d’alpeggio infatti sono frutto dei pascoli estivi, quindi disponibili in maggior quantità nei mesi invernali.
L’alpeggio: la maggior parte dei formaggi a denominazione di origine nasce nei territori montani oppure nelle ampie zone in cui gli animali sono liberi di pascolare. L’uso delle erbe spontanee per l’alimentazione del bestiame è una pratica antica, mentre la coltura di piante prative risale a epoche più recenti. Le mucche si nutrono di erbe e fiori freschi, entrambi ricchi di sostanze aromatiche che si trasferiscono prima nel latte e poi nei formaggi. Il latte prodotto dalle mucche che pascolano sulle malghe porta quindi con sé le tracce dell’esperienza che le mucche vivono, l’aria che respirano, il movimento fisico che svolgono e ciò di cui si nutrono. Questo dona ai formaggi un ventaglio di sapori e odori più ampio, spesso caratterizzato da una nota amara erbacea, floreale e animale.
Tra i formaggi di montagna proposti da Michaela rientra anche la Fontina, l’ingrediente principale della polenta concia, così ne acquisto una fetta spessa perché, se ne avanzerà, potrò conservarla e utilizzarla in piatti più semplici, di tutti i giorni, come un toast, una torta salata o per rendere fondenti e saporite le uova strapazzate.
La Fontina è un formaggio di fama mondiale e senza dubbio il prodotto tipico più noto della Valle d’Aosta. Realizzata esclusivamente con latte crudo intero di bovine valdostane, la Fontina esprime a pieno il suo terroir – un’area nella quale le condizioni naturali, fisiche e chimiche permettono la produzione di un alimento specifico e identificabile mediante le caratteristiche della propria territorialità.
Il latte viene lavorato entro poche ore dalla mungitura e dopo la spremitura si ricavano delle forme cilindriche dal tipico aspetto schiacciato che vanno dagli 8 ai 12 Kg. La stagionatura avviene in grotta per almeno tre mesi, durante i quali le forme vengono a più riprese salate e strofinate al fine di ottenere la caratteristica crosta rossastra.
La Fontina d’alpeggio si distingue da quella prodotta con latte d’allevamento per il colore giallo più intenso della sua pasta. Il gusto, dolce e aromatico, varia a seconda dei pascoli di provenienza e aumenta d’intensità con la maturazione.
Per valorizzare l’abbinamento tra formaggio e polenta, decido di sostituire la farina gialla della ricetta originale con quella Taragna. In bottega è disponibile un mix di farina grossa di grano saraceno e di granoturco, che conferisce alla polenta un aroma rustico e permette alla Fontina di esprimere al meglio la nota dolce del suo sapore.
Ora, per completare il menù di montagna mancano il vino e un’altra prelibatezza da degustare nell’attesa.
Il mio sguardo torna al banco dei formaggi e si posa su una toma dalla pasta bianca. “È il Crudicapra”, dice Michaela, un caprino di montagna a pasta cruda con una forma cilindrica irregolare. La crosta è rustica, rugosa, di colore bruno e con fioritura di muffe nobili naturali. La pasta è uniforme, più morbida nel sottocrosta, al centro leggermente gessosa, friabile e asciutta. La stagionatura avviene in grotta naturale su scalere di abete per almeno quattro mesi, durante i quali le forme sono sottoposte a frequenti operazioni di rivoltatura e pulitura. Il Crudicapra è un formaggio da tavola e da degustazione che può essere anche come antipasto o dolce. “Ottimo in abbinamento con il vino Barbera d’Asti Vermat, di La Morandina”, consiglia Michaela. Mi fido del mio istinto e dell’abbinamento suggerito, lo prendo, mentre per la polenta concia scelgo il Teroldego Foradori.
Resto affascinata dal pensiero romantico che in una fetta di formaggio sia inscritta la storia di un luogo, dei suoi abitanti e da come restano in essa impressi i profumi e i sapori di quel luogo. È questa la ragione per cui amo il cibo: mi permette di sentire, conoscere e viaggiare senza dover partire.
Alla bottega di Quid la pensano proprio come me.